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Il segreto della felicità è la libertà. Il segreto della libertà è il coraggio. "- Tucidide. Θουκυδίδης, Thūkydídēs -Atene,ca. a.C. 460 a.C.- dopo il 440 a.C. -

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* soft power


Soft power è un termine utilizzato nella teoria delle relazioni internazionali per descrivere l'abilità di un corpo politico di persuadere, convincere ed attrarre altri tramite risorse intangibili quali "cultura, valori e istituzioni della politica"[1].

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Origine e significato [modifica]

Il termine è stato coniato dal professore di Harvard Joseph Nye, che ne rimane il più importante propositore, in un articolo apparso nel 1990 sull'Atlantic Monthly, ripreso nei libri Bound to Lead (1990), Il paradosso del potere americano(2002) (p. X) e trattato separatamente in Soft Power (2004). Mentre la sua utilità come teoria descrittiva non è incontestata, il concetto di soft power è entrato da allora nel discorso politico.
Il soft power è "l'altra faccia del potere" (Soft Power, cap. I, p. 8), contrapposto e complementare all'hard power, misura storicamente predominante della potenza nazionale tramite indici quantitativi (popolazione, capacità militari reali, PILnazionali) quale stima qualitativa del grado in cui i valori o la cultura percepiti da una nazione (o individuo) ispirano affinità sugli altri.
Il successo del soft power dipende pesantemente dalla reputazione degli attori nella comunità internazionale, così come dal flusso di informazioni tra gli attori. Il soft power è perciò spesso associato con la nascita della globalizzazione e della teoria neoliberista delle relazioni internazionali.
La cultura popolare e i media sono puntualmente indicati come fonti del soft power, come lo sono la diffusione di una lingua nazionale o un particolare insieme di strutture normative. Una nazione con un ampio accumulo di soft power e con la benevolenza che genera può ispirare gli altri all'acculturazione[2], evitando il ricorso a costose spese in hard power.

Le tre dimensioni della distribuzione del potere [modifica]

L'importanza del soft power può essere meglio compresa evitando di considerare meramente gli Stati Uniti quali "unica superpotenza in un mondo «unipolare»"[3], riconoscendo come sulle questioni economiche e sul terreno dei rapporti transnazionali (lotta al terrorismocambiamenti climatici, emergenze sanitarie) non possano più agire da soli (tesi già sostenuta da Nye ne Il paradosso del potere americano).
La distribuzione del potere fra i paesi "nell'era dell'informazione globale" si gioca su una scacchiera tridimensionale. La "scacchiera superiore delle questioni politico-militari", la "scacchiera dell'economia" e "la scacchiera inferiore dei rapporti transnazionali". Se gli Stati Uniti dominano la prima scacchiera, l'Europa unita ha pari peso nella scacchiera economica mentre sulla scacchiera inferiore il potere è sparso caoticamente e le categorie tradizionali (unipolarità vs. multipolarità) sono inapplicabili[4].

Note [modifica]

  1. ^ Cfr. Soft Power, cap. I, p. 9
  2. ^ Economic warfare on the silver screen- Interview of Violaine Hacker, http://www.france24.com/en/20110625-economic-warfare-on-the-silver-screen-cinema-cannes-festival-2011-hollywood-france
  3. ^ Cfr. Soft Power, cap. I, p. 6
  4. ^ Cfr. Soft Power, cap. V, p. 172

Bibliografia [modifica]

Collegamenti esterni [modifica]